Ipocriti e collitorti

Fino a quando non è apparso sulla scena quel rompiscatole dell’avv. Beppino Englaro, il problema del diritto ad una morte dignitosa era rimesso alla buona volontà ed alla pietas dei tanti medici che operano negli ospedali italiani, cui nel silenzio spettava l’ingrato compito di staccare la spina su richiesta del parente di turno. Poi c’è stata l’irruzione in campo dell’avv. Englaro, il quale invece di risolvere come innanzi la questione, facendo ricorso all’aiuto del medico di turno, ha avuto la pretesa di rivendicare in via giudiziale il diritto alla morte dignitosa della figlia. Egli ha avuto l’ardire di pretendere il rispetto della volontà di Eluana e lo ha fatto con coraggio, dignità, determinazione, ricercando il Giudice a Berlino che riconoscesse tale diritto. Siccome un simile atto d’amore e di rispetto è intollerabile nel nostro paese, che è quello della controriforma e non della riforma protestante, è venuto fuori che il re è nudo e si è scatenato il putiferio che è sotto gli occhi di tutti con la inesorabile scia di insopportabile ipocrisia. E’ l’ennesimo deja-vu, il medesimo copione visto per il divorzio, l’aborto, la procreazione assistita. Da tutta questa vicenda, l’insegnamento non tanto sottotraccia che ne viene fuori è sempre il solito: certe cose vanno fatte nel silenzio, clandestinamente o magari, per chi se lo può permettere, all’estero con buona pace delle nostre coscienze a buon mercato.
Giuseppe Napoli