Garantismo a senso unico

Gli interventi del governo in materia di intercettazioni telefoniche e di interruzione dei processi manifestano la volontà cieca di affrontare i sintomi e non le cause di quella grave malattia che si chiama degrado del sistema giustizia penale in Italia. Assistiamo così ad un ben triste gioco delle parti, con da un lato gli pseudogarantisti del centro-destra che si stracciano le vesti contro gli eccessi delle procure e poi rimpinguano la legislazione di nuove fattispecie di reato ed con un sempre più massiccio e salvifico ricorso al carcere. Dall’altro c’è un centro-sinistra in liquidazione che, in virtù di un dna dominante che è quello dipietrista, è incapace di articolare un progetto di riforma del sistema penale, che vada al di là della difesa ad oltranza delle prerogative di certa magistratura inquirente, cui è tributaria delle proprie fortune e cui ha appaltato in bianco ogni controllo della legalità. Con questi presupposti c’è poco da sperare. La montagna garantista di questo nuovo governo ha partorito il topolino di un provvedimento sulle intercettazioni telefoniche. La realtà è che nel nostro paese il garantismo è un principio a corrente alternata, che vale per gli amici e gli amici degli amici e comunque solo nei confronti di soggetti rispettabili. Onore dunque a questo elevatissimo sforzo degno di un Beccarla. Chi, come noi, si richiama ai modelli processuali autenticamente accusatori, spera che il nuovo governo intervenga, con altrettanta solerzia ed efficacia, per abolire da subito quel principio, tipico di uno Stato autoritario, dell’obbligatorietà dell’azione penale, presupposto imprescindibile alla separazione tra pubblica accusa e Giudice. Da questo centro-sinistra invece del solito pubblico straccio delle vesti, si attende che sia pungolo della maggioranza, magari facendone emergere le contraddizioni e stimolando affinché siano messe sul tappeto quelle riforme del settore giustizia che vadano nella direzione dei sistemi anglosassoni. Non è necessaria una grande cultura giuridica per comprendere come il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale abbia prodotto i guasti di una giustizia al collasso. Un principio di eguaglianza ipocrita che maschera una irresponsabile discrezionalità di scelta tra le innumerevoli notizie di reato e che produce l’effetto perverso della pena che viene scontata prima del processo ed una mole incredibile di prescrizioni, aspetti questi ultimi che sembrano non interessare coloro i quali tacitano le proprie coscienze di sepolcri imbiancati con la certezza della pena. Un cenno infine al provvedimento sulla sospensione dei processi, il cui obiettivo sarebbe quello di dare una corsia privilegiata ai processi con i reati più gravi al fine di scongiurare le prescrizioni. Un simile provvedimento, che è quanto di più barbaro possa esistere, non ha in minima cura il diritto degli imputati di tutti quei processi cui verrà applicato, nei confronti dei quali, con la sospensione dei termini di prescrizione, verrà compresso e negato il diritto a veder riconosciuta, con celerità, la propria innocenza. Concludo con un punto di domanda: invece di questo raffazzonato provvedimento, non sarebbe stato meglio se maggioranza ed opposizione avessero proceduto ad approvare l’amnistia, specie in considerazione del recente indulto? L’amnistia avrebbe in un solo colpo eliminato dalle scrivanie dei Tribunali centinaia di migliaia di fascicoli ed avrebbe consentito ai Giudici di potersi occupare dei reati più importanti o come usa dire, con una brutta terminologia, di quelli che destano maggiore allarme sociale, senza necessità di ricorso alla legislazione d’emergenza.
Giuseppe Napoli