Grillo, l'indulto, e il populismo. Viva Sergio D'Elia!

Sto seguendo silenziosamente e con attenzione il fenomeno Grillo venuto alla ribalta da un po’ di tempo. Quel fenomeno che avrebbe rivoluzionato la politica italiana, che avrebbe finalmente dato una ventata di aria nuova e pulita a questo mondo (politico, per carità!)sporco, fatto di ladri e imbroglioni. Serve una legge contro i condannati, contro i professionisti della politica, una legge che porti tanti Di Pietro a sedere tra i banchi del Parlamento. Basta con questi indulti, con le strade piene di gente che esce dalle galere…
Quanta tristezza, quanta rozzezza c’è nel messaggio grillino? Ora se ne sono accorti anche i compagni Ds, una volta pronti a cavalcare il becero populismo forcaiolo, oggi ben attenti a liquidare certi atteggiamenti che osano criticare anche la cosiddetta sinistra del futuro e il Governo presente. Ma torniamo a Grillo.
La sera del V-Day ero a Bari. Alcuni amici del tutto estranei ad un benché minimo interesse politico mi si avvicinarono entusiasti per comunicarmi di aver firmato l’appello di Grillo e per invitarmi a fare altrettanto. Fui colto da tanta delusione, da un sentimento di scoramento nell’accorgermi di come l’invito a mandare un deputato a quel paese sia di così facile presa su persone che non ne hanno mai fatta, di politica. Allora poi pensavo alla fatica immane che gente come me è costretta a compiere per convincere ragazzi o anziani, donne o uomini a firmare un appello sulla eutanasia o contro la pena di morte.
Ancora: possibile che quando il comico parla a vanvera di indulto, nessuno lo affronti per ricordargli che il nostro Paese era in condizioni di delinquenza conclamata, quando più di 2/3 del Parlamento votò a favore? Possibile che nessuno si assuma la responsabilità di affermare con orgoglio di aver sostenuto quel provvedimento? Possibile che nessuno sappia ricordare che in Italia i detenuti erano quasi ventimila unità oltre alla capienza delle carceri? E che solo il 17% degli detenuti è tornato a delinquere ( a fronte di una percentuale che si aggira normalmente intorno al 68% nei casi in cui la pena venga espiata completamente)?
Il carattere rieducativo della pena pare essere un elemento del tutto estraneo alla cultura reazionaria di Grillo, forte del qualunquismo giustizialista che sta provocando i soliti danni che si è sempre storicamente trascinato con sé. Sparirà, sia chiaro. E’ un vento che va e viene.
Lasciamo, nel frattempo, che siano i cittadini a scegliere se fidarsi o meno e votare per un uomo con una fedina penale pubblicamente conoscibile. Lasciamo che siano i cittadini a poter decidere se due stagioni trascorse in Parlamento siano un punto negativo o un elemento di esperienza utile. Occupiamoci di capire che non è importante essere politici per sentire un dovere di onestà e che la prova va data giorno per giorno, nel fare quotidiano, nelle azioni più piccole e apparentemente insignificanti. La politica è lo specchio della società e la società cosiddetta civile non è né meglio né peggio dei suoi rappresentanti istituzionali.