Socialismo radicale

Ieri sera cena in compagnia. La desideravo da parecchio, con una persona che non vedevo da tempo e che mancava dalla nostra compagnia da diversi anni. Si parlottava del più e del meno ed il discorso – non ricordo neppure come – è caduto su Capezzone, che ho definito la mente politica più brillante al di sotto dei quarant'anni in Italia. Al che sono stato, come al solito, preso in giro – ma ormai ci ho fatto l'abitudine. E mi sono sentito chiedere: “vuoi mettere Capezzone con...”, al posto dei puntini metteteci il segretario/presidente di partito che vi viene in mente. E giù a decantare le lodi di quel tizio o di quell'altro, prevalentemente di sinistra. Al che, per il solito spirito di contraddizione che mi persegue fin dall'infanzia, ho affermato che Fini è il politico più coraggioso degli ultimi dieci anni, perché ha portato un partito di post-, neo- e fascisti tout court su posizioni vagamente liberali, avvicinandolo ai popolari europei.
Apriti Cielo! E Bertinotti? Vuoi dire che Fini è migliore/più coraggioso/più intelligente di Bertinotti? Tu, uomo di sinistra, osi dire una cosa del genere?
Ci penso su: tre secondi. La risposta è sì.
Uno dei miei migliori amici (di destra, ca van sans dire) mi ha detto scherzando: <<Certo che stai diventando sempre più Radicale (nel senso pannelliano), ti preferivo quando eri socialista>>.
Ecco, il frangente non era il migliore per spiegare che i due termini non sono in contrapposizione, ma approfitto di questi byte per dire la mia, sperando di non essere prolisso come al solito.
Il socialismo è morto, dice uno dei miei blogger preferiti dalle colonne de L'Opinione. Ha ragione, il Socialismo inteso – semplifichiamo – come movimento teso all'uguaglianza economica, giuridica e sociale di tutti i cittadini è definitivamente morto. Crepato. Kaput. Con il segno della gola tagliata di Benigni - Johnny Stecchino (citazione di alto livello).
Morto nel 1989, dice Jimmomo – Federico Punzi, citando il pezzo da 90 Anthony Giddens. No, Federico, morto nei primi decenni del 1900, come ha descritto Carlo Rosselli. Già allora le istanze libertarie erano diventate rilevanti, il liberalismo, così come poteva essere concepito nell'Italia di ottant'anni fa, si affacciava come teoria economica funzionale ai nuovi bisogni di una società industrializzata e tutto sommato ricca.
Ciò che il mio caro amico di destra e la sua ragazza di sinistra non vedono è che, oggi, Socialismo vuol dire garantire a tutti le stesse opportunità. Non uno stato padre-padrone che forza l'economia di mercato e fornisce un sistema assistenzialista che imploderà inevitabilmente su se stesso, che dà il posto di lavoro fisso e a tempo indeterminato, che fa andare in pensione tutti indistintamente a 57 anni e via dicendo. Quel socialismo lì è morto e le giovani, fresche e brillanti menti dei vari Bertinotti, Cossutta, Diliberto, Giordano e via dicendo ancora non se ne sono resi conto, impegnati a riempirsi la bocca di belle parole dall'alto del loro scranno parlamentare, con tutte le garanzie che comporta.
Le risorse sono limitate, ed è quindi importante fare in modo che i migliori ne possano usufruire più di chi non le merita, che i giovani non ne ricevano un decimo di quanto ne abbiano avuto i loro padri, che il lavoro che fai a vent'anni non sia lo stesso che farai a quaranta, che chi si affaccia alla vita possa pensare di metter su casa pur non avendo uno stipendio che lo garantisca per i prossimi trent'anni, che chi rimane senza lavoro non debba patire la fame ma allo stesso tempo non sia incentivato a rimanere disoccupato grazie a forme assistenzialistiche indegne e controproducenti.
L'amato-odiato Pannella (quando si parla di gerentocrazia!) dice spesso che c'è una richiesta di libertà in Italia, declinata in tutte le sue forme. No Marco, nessuna richiesta. I giovani d'oggi, gli under trenta, continuano a mettere una crocetta sul simbolo di Rifondazione, quelle rare volte che vanno a votare, dimostrando che non hanno voglia di libertà, hanno voglia di privilegi. Quei privilegi che invidiano ai loro padri e che si illudono di poter avere per se stessi, senza domandarsi – nonostante siano delle belle intelligenze – dove si pescano i soldi per garantirli. Privilegi dei quali si fanno interpreti partiti conservatori e nazionalisti (non crediate sia un paradosso) come Rifondazione, Comunisti Italiani, Verdi e molte, purtroppo molte, frange interne ai partiti più grossi (FI, AN, DS e Margherita).
Dobbiamo far germogliare quella voglia di libertà e di liberalismo, che sono sinonimi di opportunità, di diritti, di meritocrazia, di solidarietà, nei cuori di chi si sposa e tra dieci o venti anni sarà padre di famiglia, di chi si sta affacciando sul mare scuro e tumultuoso del mondo del lavoro, di chi ha investito anni e soldi nell'università, di chi deve lasciare la sua amata città barocca ed emigrare, di chi non vede alcuna speranza oltre il piccolo castello che si è creato sui suoi precari 800 euro al mese.
Garantire a tutte queste persone il diritto di coronare il proprio sogno di vita è o non è Socialismo?