Il vero sconcio

Allo squallore delle testate locali non c’è mai fine: mi capita di leggere oggi sul giornale “Senza Colonne”, diventato ormai giudice dei costumi della nostra realtà, locale o nazionale, una doppia pagina dedicata ad una retata di quelle che si ricorderanno nella storia d’Italia. A Brindisi sono state infatti tratte in arresto due prostitute che, sulla base della ormai vetusta legge Merlin, avendo esercitato in una casa d’appuntamenti, si sono viste raggiungere dai carabinieri. Il titolo dell’articolo è più che esplicativo del livello culturale col quale tali problematiche vengono diffusamente e trasversalmente affrontate: “A Brindisi le battone sono pure racchie”. Immaginate lo sconcerto che dal titolo sarà derivato ad un lettore superficiale: “che schifo!”, “che indecenza!” e robe del genere.
Non si riesce a cogliere l’obiettivo contenuto nelle parole della arguta giornalista, forse troppo sottile e raffinato. Ciò che appare di tutta evidenza, accanto alla necessità ed urgenza di intervenire per modificare una legge clericale e bacchettona, è il giudizio morale che ancora una volta si è voluto attribuire, alzando palette con voti e ironizzando su un problema enorme che riguarda la vita e la libertà di prostitute e clienti. Nell’articolo si palesa tra l’altro il rammarico per non aver potuto elencare i nomi dei professionisti che sarebbero stati colti in flagrante. Che peccato! Mi chiedo quale danno provoca il soggetto che si rivolge ad una prostituta e la prostituta che si concede, quale pericolo per la società possa derivare dal privato vissuto sessuale di due, tre o cinque persone che decidono di “sposare la sessualità” come momento di puro piacere.
Mi si può obiettare che i carabinieri fanno il loro mestiere (ed infatti!), i giornalisti pure, ma un giornalista che si lascia andare a narrazioni così moralistiche della realtà, traccia, anche e soprattutto pericolosamente a livello locale, un insegnamento gravissimo che ci porta a rimanere ignoranti, a sbandierare, come sempre, le pubbliche virtù davanti le quali si nascondono i vizi privati.