Orgoglio fascista

Qualcuno diceva che siamo tutti uguali di fronte alla morte, ma non di fronte alla storia. Non appartengo allo schieramento della sinistra “portatrice della verità”, quella che con i fascisti non si sporca le mani; ma, da antiproibizionista ( sempre), trovo che i veri antifascisti, negli anni 70 e 80, bene avrebbero fatto a confrontarsi con personaggi che rivendicavano con orgoglio la loro fede totalitaria; invece quei finti antifascisti fornivano nuova “vita politica” a certa destra quando con questa rifiutavano di confrontarsi.
Ciò detto, formulo, d’altro canto, una semplice osservazione rispetto all’audace richiesta, proveniente dal sen. Curto, di dedicare una strada più prestigiosa a Giorgio Almirante: mi pare corretto e opportuno affermare che il leader missino sia stato in vita redattore della rivista antisemita “La difesa della razza”; che vi fu il convinto sostegno da parte di Almirante, ancora negli anni 80, alla pena di morte ( in particolare, alla pubblica impiccagione nei confronti degli spacciatori), sostegno convinto come convinto era il letterale “schifo” che il leader missino dichiarava, pubblicamente e orgogliosamente, di provare per gli omosessuali. A meno che non mi sia sfuggito, non mi pare che Almirante abbia mai rivisto tali opinioni restauratrici e intolleranti. Ora: ciascuno è libero di chiedere maggiori riconoscimenti alla figura di quest’uomo (per carità!), ma se ne assume la responsabilità politica in considerazione di fatti storicamente gravi e non cancellabili.
Intitolare una strada è un gesto attraverso il quale un’amministrazione traccia un segno di carattere educativo rivolto alla propria cittadinanza. In un paese come il nostro, dedito a celebrare le vite di una parte o di una fede ( si pensi al campo di calcio “partiginamaente” ,e sotto lo sdegno di pochi, intitolato a un Papa), sarebbe qualche volta opportuno ricordare, per esempio, il sacrificio degli intellettuali oppositori del regime fascista ( mi pare, questo, valore comune) come Carlo Rosselli, Antonio Gramsci, Gaetano Salvemini, sconosciuti alla nostra toponomastica. Insomma: il rispetto è una cosa, l’ammirazione è un’altra.