Riflessioni sul ddl Calabrò (testamento biologico)

Che cosa prevede il ddl Calabrò relativo alla cosiddetta legge su (o piuttosto contro?) il testamento biologico? Mi sembra opportuna una riflessione anche affinché coloro i quali continuano a snobbare la portata di questa problematica si rendano conto di cosa c’è in gioco.
Anche ascoltando le interessanti e autorevoli osservazioni rese da esperti come il prof. Rodotà o il prof. Marino, ho ritenuto di mettere insieme qualche spunto per fornire un contributo di chiarezza sulla legge che si rischia di approvare da qui a poco nel nostro Paese.
L’art. 1 co.4 esordisce così: “La Repubblica riconosce il diritto alla vita inviolabile ed indisponibile”. Si tratta di un’affermazione puramente ideologica che trasferisce il dettato della chiesa cattolica (e non è la prima volta, per carità!) in una legge dello Stato italiano. Come questa affermazione possa reggersi in piedi rispetto al quotidiano, al vissuto di ognuno di noi, è un vero mistero. Non mi voglio impelagare in tecnicismi e nel richiamo dell’art. 32 Cost. , ma mi limito a dire che il principio che viene enunciato in questa legge cozza con la realtà di fatto ( non solo di diritto) che ognuno di noi vive costantemente, quando formula qualsiasi scelta: la volontà di non subire trasfusioni o di non sottoporsi ad un trattamento di chemioterapia è assolutamente un diritto che nessuno può toglierci anche se da questa nostra condotta derivi la morte.
Art. 2 co. 2 “non può in nessun caso essere orientata al prodursi o consentirsi della morte del paziente”.
Su questo comma valgano le stesse riflessioni di sopra, con l’aggiunta che l’articolo ci pare scritto in un italiano assolutamente inadeguato.
Art. 5 co. 1 “Nella Dichiarazione Anticipata di Trattamento il dichiarante esprime il proprio orientamento in merito ai trattamenti sanitari” .
L’articolo 5 mette a nudo lo spirito che ha mosso gli ideatori di questo ddl: il tentativo di spendersi per far sì che la parola dell’individuo conti quanto il due a briscola. Si parla infatti di un vago quanto debole “orientamento” e il punto non è da sottovalutare.
art. 5 co. 6 “Alimentazione ed idratazione(…) sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento”
Ecco il punto più controverso: il nostro Paese sarà (se non ci diamo una mossa) il primo a dotarsi di una legge sul testamento biologico che impone però un “qualcosa” su cui l’ideologia vaticana prende il sopravvento rispetto all’indicazione dell’OMS, che definisce alimentazione e idratazione dei trattamento medici.
art. 6 Le Dichiarazioni Anticipate di trattamento (DAT) non sono obbligatorie né vincolanti(…)
Questa è veramente la barzelletta, come a dire “abbiamo scherzato”. Come a dire che anche ciò che viene previsto nello stesso articolo e la burocratizzazione perversa che si impone ad un cittadino per poter disporre della propria vita (le dichiarazioni “sono raccolte esclusivamente da un notaio a titolo gratuito. Alla redazione della dichiarazione interviene un medico abilitato all'esercizio della professione” e ancora “ la Dichiarazione ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia”) sono un ostacolo marginale, rispetto al fatto che quella dichiarazione può essere del tutto vana.
Come ha osservato giustamente il sen. Marino, chi volesse a 20 anni (con un’aspettativa di vita che arriva ai 90) redigere un testamento biologico sarebbe costretto a ripetere quell’iter assurdo e, peraltro, “non vincolante” per 23 volte, sempre facendosi accompagnare da un medico e da un fiduciario e andando a scomodare un notaio.
Sia chiaro: se verrà approvata questa legge, non avremo più casi Englaro, né casi Welby. Almeno (e, probabilmente, soltanto) in teoria.
Lor signori si saranno lavati la coscienza buttando nuovamente nel più buio e squallido angolo di clandestinità migliaia di uomini, condannati allo strazio di una vita che essi non vogliono più. Quegli uomini, per essere liberi, dovranno sperare che qualcuno faccia ciò che la legge vieta, dovranno sperare che nessun loro parente sia così pazzo o “crudele” come Mina Welby o come Beppino Englaro.