Piazza di Francavilla: diritto di abitare e di cazzeggiare

Stimo molto il Prof. Filomeno. Ed è per questo che ho trovato il suo ultimo intervento, apparso sulla stampa, estremamente deludente. Esso, riprendendo anche alcune mie precedenti affermazioni, si regge su due punti fondamentali. Il primo riguarda la cura, in generale, del centro storico: senza sottovalutare il problema, avevo auspicato un maggiore controllo da parte delle forze dell’ordine, in modo da garantire la vivibilità ai residenti. Su questo non ci può né ci deve essere una contrapposizione e credo siamo tutti d’accordo. Ho ritenuto e ritengo, peraltro, che anche la chiusura al traffico possa rispondere a questa esigenza di vivibilità, oltre che ad un recupero della parte antica della nostra città (il cenno al problema, pertanto, c’è).
Dopo di che, è sul giudizio che il prof. Filomeno esprime sulla movida (riferimento che comunque non avevo introdotto io), che ho provato un certo sconcerto. Al di là della ricostruzione storica del fenomeno, che poco ci interessa, ho intravisto un moralistico e confusionario giudizio sui frequentatori della piazza. Intendiamoci: se le stesse parole fossero state adoperate da qualche esponente della destra, mi sarei limitato a scuotere le spalle con rassegnazione. Un giudizio simile me lo sarei potuto perfino aspettare da qualche settario esponente di una sinistra stravecchia, che magari vede nel legittimo diritto di alcuni ragazzi ad incontrarsi e imbellettarsi, un elemento di fastidio o perfino odio classista. Ma, quando ho letto che quell’articolo portava la firma di una delle poche personalità laiche che Francavilla abbia conosciuto, sono stato travolto da un senso, più che di amarezza, di solitudine.
Come si fa a mischiare gli atti di alcuni imbecilli (non mi importa se uno, dieci o venti, tutti comunque da punire come si punisce qualunque altra persona o gruppo di persone, per qualunque altro reato), con il (legittimo!) desiderio di alcuni ragazzi di ritrovarsi, anche solo per trascorrere un po’ di tempo insieme? E’ un dato oggettivo, ed è questo ciò che mi interessa, che la socialità sia sempre meglio del mortorio (di una già defunta città) e sia un elemento di embrionale fermento da non disperdere, al di là e a prescindere dalla grave mancanza di altri luoghi di aggregazione alternativi.
L’affermazione che più mi è dispiaciuta, però, è stata quella secondo cui i ragazzi “si radunano in piazza, la maggior parte di essi spendendo i soldi di mamma e papà, perché non hanno niente di meglio da fare”. Mi è parsa sinceramente di cattivo gusto, non in linea con la storia di questo intellettuale (a questo punto perché non inviare le forze dell’ordine per bacchettare le mani di quei ragazzi che non stiano parlando di filosofia?).
E ancora: “ Il loro unico scopo è trascorrere il tempo tra chiasso, scorribande e teppismo”. Infine, a scanso di equivoci, il professore taglia corto:“E non è vero che si tratta di una stretta minoranza. Si comportano tutti (!) allo stesso modo”. Tutto ciò "potrebbe" far risentire tanta gente che davvero non può essere considerata colpevole di trascorrere una serata in compagnia e che, dunque, non fa nulla di male.
In definitiva, oltre a non aver colto quali soluzioni il prof. Filomeno proponga per arginare questa situazione, credo sarebbe più utile evitare il clima da caccia alle streghe che, a quanto pare, partendo anni fa da destra, è stato strumentalmente sposato, quest’estate, dai sindaci “democratici” delle grandi città, fino a coinvolgere, purtroppo, anche menti nostrane, estremamente illuminate.